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Trento, 13 febbraio 2013
La riforma È possibile, ma serve l’accordo
di Marco Boato
dal Corriere del Trentino e dal Corriere dell'Alto Adige
di mercoledì 13 febbraio 2013

Condivido l’idea dl una sorta di «riforma dl transizione» della Regione, a Statuto di autonomia invariato, anche perché i tempi politici e parlamentari per arrivare al «terzo Statuto di autonomia saranno necessariamente molto lunghi (non sono affatto sicuro che nella prossima legislatura tale obiettivo sarà raggiunto). Molti sostengono incautamente che la prossima sarà una legislatura «costituente».

Ritengo invece sarà una legislatura molto travagliata e molto instabile: non è detto che arriverà alla sua conclusione naturale.

La staffetta
È condivisibile la proposta di estendere la «staffetta» (che è stata frutto di un accordo politico, non di una riforma statutaria) non solo ai presidenti delle due Giunte provinciali per la presidenza della Giunta regionale, ma anche ai presidenti dei due Consigli provinciali per la presidenza del Consiglio regionale, tenendo però presente che a Bolzano la carica di presidente del Consiglio provinciale «ruota» a metà legislatura tra un «tedesco» e un «italiano» in riferimento ai gruppi linguistici. Altrettanto dicasi per l’ipotesi di far coincidere gli assessori regionali con alcuni assessori delle due Province autonome. In questo modo (se ovviamente non si raddoppiano gli stipendi) ci può essere non soltanto una significativa riduzione della spesa pubblica, ma soprattutto un più forte raccordo tra le due Autonomie provinciali, obiettivo finora solo in parte realizzato con l’esperienza della staffetta tra i due presidenti provinciali nella presidenza della Regione.

Per non svuotare interamente il ruolo dell’ente Regione (come di fatto è accaduto e sta accadendo, in un lento e finora inarrestabile declino politico e istituzionale) è tuttavia necessario un accordo politico, poi anche istituzionale, per attribuire esplicitamente alla Regione –  giunta e consiglio regionale – un compito di raccordo e di indirizzo rispetto alle competenze che hanno una valenza anche sovraprovinciale: sviluppo socio-economico e lavoro, mobilità e infrastrutture, sanità e ambiente, cultura, ricerca, innovazione e università, solo per indicare gli ambiti più rilevanti. Non sarà affatto facile, perché c’è sempre stata una forte resistenza sudtirolese a simili ipotesi; lo stesso Durnwalder non ha perso occasione per rilanciare l’ipotesi di abolizione tout court della Regione che, per l’Autonomia trentina, sarebbe un colpo mortale.

Espresse le condivisioni, faccio rilevare anche alcune obiezioni e alcune proposte più impegnative, perché il percorso non sarà né semplice né facile.

È un errore partire unilateralmente da una proposta del solo Pd. È necessario, subito dopo le elezioni politiche, arrivare a una proposta politico-programmatica dell’intero centrosinistra autonomista, non solo di quel «centrosinistra ristretto» che si riassume in modo riduttivo nell’attuale composizione della giunta provinciale, centrosinistra che comunque alle elezioni politiche si presenta diviso in tre coalizioni, riassunte nei nomi dei tre leader nazionali Bersani, Monti e Ingroia.

Bisognerà, subito dopo le elezioni provinciali/regionali del prossimo ottobre, aprire anche un confronto leale con le minoranze politiche, perché lo Statuto non è esclusivo patrimonio di chi governa «pro tempore», ma è un patrimonio di tutti. Bisognerà inoltre stabilire un forte raccordo tra le Province autonome di Trento e Bolzano, perché non ci sono due Statuti separati, bensì uno Statuto di autonomia «unico e tripolare» che riguarda sia le due Province, sia la Regione, in un unico testo costituzionale, secondo quanto disposto dall’articolo 116 della Costituzione, da noi riformato nel 2001 (fu mia la proposta in parlamento).

La «Convenzione»
L’ipotesi di istituire nella prossima legislatura provinciale una «Convenzione», cioè una sorta di «Bicamerale» con compiti istruttori per la riforma dello Statuto di autonomia, è condivisibile ad alcune condizioni: la composizione deve essere più larga di quella ipotizzata, comprendendo anche i parlamentari eletti nella circoscrizione regionale di maggioranza come di opposizione; la durata non potrà essere soltanto di sei mesi, perché è un tempo illusoriamente troppo breve (come minimo dovrà poter lavorare almeno per un anno, se si vorranno avere risultati, dopo tanti tentativi abortiti.

Il progetto elaborato dalla «Convenzione» – se si troverà l’accordo trasversale per istituirla subito dopo le elezioni provinciali/egionail – avrà ovviamente carattere esclusivamente istruttorio, perché il potere di iniziativa legislativa compete solo al parlamento, da una parte, e ai due Consigli provinciali e al Consiglio regionale con «conforme deliberazione», dall’altra: così recita il nuovo articolo 103 dello Statuto che abbiamo riformato con la legge costituzionale 2 del 31 gennaio 2001, in parallelo con la riforma dell’articolo 116 della Costituzione sulle autonomie speciali. Il potere legislativo può utilizzare forme di «consulenza rafforzata» (così definirei la proposta di Convenzione), ma non può certo essere «commissariato» ed espropriato delle proprie competenze statutarie; a maggior ragione ciò vale per il parlamento che è l’unico a poter approvare una legge costituzionale di riforma dello Statuto di autonomia.

Una volta esaurito il lavoro istruttorio della Convenzione, questo dovrà dunque essere esaminato, emendato se necessario e infine approvato nello stesso identico testo sia dai due Consigli provinciali, sia successivamente con «conforme deliberazione» dal Consiglio regionale (cioè i due testi di Trento e Bolzano dovranno essere identici, attraverso una forma di intesa tra i due Consigli provinciali).

Il testo di legge costituzionale-voto che ne risulterà dovrà essere inviato al parlamento, dove i parlamentari regionali potrebbero comunque presentarlo anche in forma autonoma come proposta di legge costituzionale (la riforma dello Statuto del 2001 partì non da una iniziativa regionale, ma da una mia proposta di legge costituzionale alla Camera, su cui poi Province e Regione espressero il loro parere consultivo).

Gli sbocchi possibili
Il Parlamento potrà approvare (con maggioranza assoluta dei componenti in seconda lettura, quindi non sarà facile trovare un consenso così ampio con l’aria che tira per le autonomie speciali a livello nazionale...) il testo di legge-voto proposta dalle due Province e dalla Regione, tuttavia potrà anche modificarlo e persino stravolgerlo, sia pure dopo aver raccolto i pareri obbligatori ma non vincolanti delle due Province e della Regione. Proprio per questo non sono così ottimista sulla prospettiva del terzo Statuto di autonomia nella prossima, difficile legislatura. Ed è proprio per questo che ritengo saggio, all’inizio, cominciare a procedere con le pur parziali riforme frutto di un possibile accordo politico a livello regionale, anche a Statuto invariato.

Marco Boato
Dirigente nazionale dei Verdi, già parlamentare della Repubblica

 

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